Guardare al Passato



Guardando un video dei gemelli diversi al Festivalbar del 2003, è partito nella mia mente un “train of thoughts” nostalgico: “Com’era bello. Che stile anni ’90, che innocenza nel pubblico di giovani, sarà il modo in cui erano vestiti. Sembrava uno spettacolo genuino. Rap con testi di qualità. Mica come oggi.”

Mica come oggi? Non so molto della scena rap italiana contemporanea, ma ammetto che nutro una spontanea diffidenza. Probabilmente a incentivare tale diffidenza sono i ritornelli che sento ogni tanto in radio o come sottofondo delle pubblicità. E’ anche vero, però, che quello dei Gemelli Diversi sarebbe potuto essere un esempio di “qualità” a sé stante, come molti, invece, sostengono che “Applausi per fibra” sia un esempio di scarsa qualità di Fabri Fibra (che però in passato avrebbe scritto “testi migliori”).

Alla fine non mi interessa esprimere un giudizio sulla scena rap italiana contemporanea o passata, ma questa attitudine nostalgica nei confronti degli anni novanta, che è sorta così spontaneamente nella mia testa, mi ha fatto pensare. Guardare al passato come una realtà ideale, distante e migliore è un topos dell’umanità. “Non è più come una volta”, “ai miei tempi”, “si stava meglio quando si stava peggio”… e ancora oggi “Ma che ne sanno i 2000?”: un’ esaltazione degli anni ’90 come anni d’oro in cui vivere la propria adolescenza. O gli ‘80, per alcuni. Soprattutto per quelli che hanno vissuto nei 90, probabilmente.

Ma come ci spieghiamo questo continuo rimandare al passato per trovare una condizione in qualche modo migliore? Non so voi, ma io lo faccio spesso, spessissimo. E  non l’ho fatto solo coi ’90 e gli ’80, ma anche con il ‘700, il’500, l’età classica (misoginia e sessismo a parte, che potremmo dire che una volta almeno erano palesi e oggi ci sono ancora ma si nascondono).

Locandina del film
Mi viene allora in mente il film diretto da Woody Allen, “Midnight in Paris” (spoiler alert!), dove il protagonista 
idealizza la Parigi degli anni ’20 come centro culturale,
artistico e letterario mondiale, sognando di poterci vivere;
mentre i personaggi di questa Parigi passata sognano a loro 
volta di vivere la Belle epoque o i tempi del Roi Soleil.



Il Re Sole e Maria Antonietta in una scena del film


Gil (Owen Wilson) danza in un locale della Parigi anni '20





















La morale? Forse un personaggio la esprime praticamente a inizio film:

Paul: “Nostalgia è negazione – negazione di un presente doloroso... il nome di questa negazione è il pensare ad un'epoca d'oro – l'erronea nozione che vi è un periodo migliore di quello in cui si vive – è un volo nell'immaginario romantico di coloro che trovano difficile convivere con il presente.”

O, per dirla più gentilmente con le Parole di Gil (Owen Wilson):

“Io sto avendo un’intuizione […] se tu resti qui (La Belle epoque, np) e questo diventa il tuo presente, allora, molto presto, comincerai a immaginare che un’altra epoca sia davvero la… che sia la tue epoca d’oro! Sì, ecco, ecco che cos’è il presente: è un po’ insoddisfacente perché la vita è un po’ insoddisfacente”.

Una conclusione che, personalmente, adoro.



Gil brinda con i suoi nuovi amici, tra cui Scott Fitzgerald (autore de' "Il Grande Gatsby") in alto a sinistra


Ballerine di Can Can nella Parigi della Belle Epoque

Riflettendo su questa nostalgia per un passato che si può solo idealizzare, perché non lo si ha mai vissuto, non mi sono fermata alla constatazione che guardiamo al passato perché “il presente è un po’ insoddisfacente”. Un altro motivo per cui guardiamo al passato dev’essere che il futuro, ovviamente, non lo possiamo vedere. Non lo conosciamo, mentre ci illudiamo di conoscere perfettamente il passato. Ecco dunque l’unico paragone possibile quando si cerca un’alternativa al presente che non ci piace. “Le cose ora sono così, come potrebbero essere diverse? Come potrebbero essere migliori? Beh, come una volta! Una volta era così, una volta era meglio.” Ma cosa accadrebbe se pensassimo al futuro per immaginare un “meglio”? fortunatamente la scienza, la medicina e la “ricerca” in senso ampio lo fanno già, ogni giorno. E’ innegabile che in questo contesto un “era meglio prima” può stonare – opinioni non convenzionali a parte. Forse però dovremmo tutti adattare una prospettiva in cui un futuro ideale rimpiazza un passato idealizzato, perché il passato ormai è passato e non si può rivivere né cambiare, ma il futuro si può ancora creare.

Lo so, è difficile, difficilissimo. Io stessa trovo praticamente impossibile non vedere un peggioramento, un degrado, un disfacimento. Dalle cose più comuni come la musica, il modo di vestire, il modo di relazionarsi, i programmi TV e le mode giovanili alle cose più grandi e impegnative come la politica, l’economia, il mondo del lavoro. E’ dura, ma se ci pensiamo bene è sempre stato così. Non esiste era, luogo o popolo immune da questi pensieri e constatazioni. Ed è perché, come ci insegna Woody Allen, il presente, come la vita, è un po’ insoddisfacente.


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