Piccole e grandi differenze culturali
Si dice sempre che uno
dei tanti aspetti positivi e interessanti dell’Erasmus – così come di ogni
esperienza di vita all’estero – sia il confronto culturale. Vivere in un paese
diverso dal proprio significa, infatti, conoscere diversi modi di vivere, pensare,
agire; diverse tradizioni o semplicemente diversi modi di relazionarsi alla
vita di tutti i giorni.
Penso che la differenza a
cui noi italiani viene sempre da pensare sia il cibo. Non importa dove stiamo
per trasferirci, il cibo rimarrà sempre la nostra preoccupazione più grande
(insieme al bidet). E’ vero, il cibo è una componente essenziale della nostra
cultura, è sacro! Ma ci sono altre piccole cose di cui non ci rendiamo conto e
ci vengono mostrate solo una volta che usciamo dal nostro paese. Vivendo in
Irlanda mi è capitato di riflettere sul confronto tra culture in generale,
eppure trasferirsi in un altro paese europeo sembra cosa da poco, almeno per
quanto riguarda usanze comuni. Alla fine si tratta sempre di paesi occidentali
con religioni, costumi, ruoli sociali simili. E’ proprio la similitudine tra i
nostri paesi che rende le differenze tra le persone e la vita quotidiana ancora
più interessanti.
Ricordo una lezione di
inglese in cui il nostro insegnante ci ha divisi in gruppi per discutere le
differenze tra il nostro paese d’origine e l’Irlanda. Io e gli altri italiani
in gruppo con me ci siamo messi subito al lavoro, cominciando dalle differenze.
Orario dei pasti, sistema accademico, divisa nelle scuole, rapporto con la
musica, ruolo dello sport tra i giovani: tutti punti non in comune. E le
similitudini? Beh, sembra strano, ma salvo per la religione di stato abbiamo
faticato a trovarne. Anche ora mi risulta difficile trovare qualcosa che
facciamo allo stesso modo. E’ questa la realtà sconcertante: in un paese che ci
risulta così simile al nostro, in cui ci possiamo trovare a nostro agio senza
problemi, non troviamo vere e proprie similitudini.
Le differenze tra
italiani e irlandesi non mi hanno mai davvero messa in difficoltà a dirla tutta,
a parte per le uscite e gli eventi organizzati per le 20.00 e le cucine dei
ristoranti che chiudono alle 21.00. Sì, ancora una volta si parla di cibo! Non
so se è una cosa degli italiani o diffusa anche altrove, ma per me la giornata
ruota intorno ai pasti. Decido cosa fare prima e dopo pranzo/cena, dando così
un ritmo e un ordine al mio tempo. E quando si esce con gli amici, a cena o
dopo, ecco che questa relazione col cibo si complica: se ci troviamo alle 20.00
devo cenare alle 19, ma non è naturale per me! Ecco allora che mi sorge una
domanda chiave: possibile che sia così difficile lasciarsi dietro le proprie
abitudini quotidiane?
Un'altra realtà che ha
sottolineato questa difficoltà è stata la RAG week. RAG è un acronimo per
“Raise and Give” – raccogli e dona – e durante questa settimana vengono
organizzate attività di svago finalizzate a raccogliere fondi per beneficenza.
Questa settimana è sacra a UCC, talmente consolidata nella tradizione del
campus che persino gli insegnanti non programmano nessun test in classe o
nessuna scadenza durante quei giorni. E’ una settimana di festa e “vacanza”
durante il semestre, e l’assenza dalle lezioni è cosa comune. In quanto
studentessa Erasmus, ero molto curiosa a riguardo. Avrei voluto immergermi
nello spirito degli studenti di Cork e vivere quella settimana come la maggior
parte di loro, ma avevo dei doveri accademici a mio parere imprescindibili. Un
po’ perché avevo poco tempo libero nel weekend precedente e successivo alla RAG
week, un po’ perché non è normale per me saltare lezioni o tralasciare lo
studio quando ho delle scadenze incombenti. Mentre gli studenti – la maggior
parte - uscivano tutte le sere e passavano i pomeriggi in giochi e gare, io non
lo facevo. Un peccato? Si, ma fino ad un certo punto. Ci sono altre belle cose
che non avrei potuto fare se quella settimana avessi sospeso lo studio, ma non
è questo il punto. Ciò che è importante in merito a quest’evento è che ancora
una volta le mie abitudini e i miei valori hanno preso il sopravvento sulla novità.
Quello che voglio dire,
forse con troppe parole, in realtà è semplice: se è così difficile tralasciare
le proprie abitudini e assumerne di nuove quando si tratta solo di mangiare o
studiare diversamente, quanto può essere difficile l’incontro tra due culture
veramente diverse? Diverse in aspetti più fondamentali e profondi della vita?
Oggi si parla molto di confronto, integrazione, multiculturalità, ma quanto
teniamo in considerazione la difficoltà che questo implica da parte di entrambe
le culture?
E’ una tematica delicata
e non voglio esprimere un giudizio definitivo come “stiamo facendo bene/male”,
“dovremmo fare di più”, “dovremmo fare così”. Voglio però condividere con voi
questa riflessione, perché credo che tendiamo sempre a dare troppe cose per
scontate. Mettersi nei panni dell’altro può portare al rispetto reciproco, che
è qualcosa che ci servirebbe davvero.
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