Diario danese: II. Vita e cultura


In questo piccolo paese, con solo circa 6 milioni di abitanti – di cui più o meno la metà vive a Copenaghen – si possono riscontrare molte differenze con l’Italia, sia nelle piccole che nelle grandi cose. 

Prima di tutto, la valuta: le corone danesi. Si dice sempre che la Danimarca sia più cara rispetto ad altri paesi del sud Europa – ed è vero – anche se l’euro vale di più. 1 euro equivale approssimativamente a 7,5 corone danesi. Il costo di un espresso in città? Circa 30 corone – 4 euro. Caro, molto caro. Per risparmiare, i danesi abbastanza fortunati da vivere al confine con la Germania si recano a fare scorta di bibite e vario cibo in negozi di confine, delle specie di outlet, dove tutto costa molto meno.

Ma al di là dell’economia, sulla quale si potrebbe scrivere molto e della quale non so abbastanza nello specifico per potervi informare, ci sono molte peculiarità della cultura danese che saltano all’occhio. Ci sono due cose, in particolare, che rappresentano questa cultura: la bandiera e il concetto di “hygge”.

Cominciamo dalla bandiera. Quella danese è la più antica del mondo, o almeno la bandiera che da più tempo viene usata in maniera continuativa, e risale al tredicesimo secolo. I danesi sono molto affezionati alla loro bandiera, tanto da utilizzarla in diverse occasioni, anche private.

Le famiglie fanno sventolare la bandiera fuori casa ogni volta che c’è una festa, e quando qualcuno compie gli anni si usa addobbare la casa con bandierine di ogni forma su tavoli e pareti. Solitamente si utilizzano piatti, bicchieri, tovaglioli e tovaglie da festa raffiguranti la croce bianca in campo rosso. Nella scuola in cui lavoro, quando qualcuno compie gli anni viene messa una bandierina sul tavolo al quale mangia. Un’insegnante mi ha spiegato che non si tratta tanto di patriottismo, quanto di una tradizione legata ai festeggiamenti.

Quando c’è un funerale, invece, la bandiera viene issata a mezz’asta fuori dalla chiesa. Tutti i giorni la bandiera sventola orgogliosa fuori da scuole, uffici o case, ma è importantissimo calarla prima che tramonti il sole, perché altrimenti porta sfortuna. Rasmus, l’insegnante di musica dall’aspetto vichingo ma gentile, mi ha raccontato che qualche volta è capitato che si dimenticassero di abbassare la bandiera della scuola, e delle persone che passavano di lì con la macchina hanno chiamato la segreteria per avvisarli e ricordargli di ammainarla. Fino a questo punto è importante rispettare la tradizione! Rasmus mi ha anche raccontato che se la bandiera tocca terra perde il suo onore e, per questo, va bruciata. Non può più essere utilizzata, in nessun modo. Mentre me lo raccontava, rideva come a dire: "roba da matti!"

Un’altra cosa molto, molto danese è l’hygge, un termine intraducibile, che fa riferimento al relax, alla piacevolezza di alcuni ambienti e momenti della vita quotidiana. La Danimarca è un paese freddo e, nei mesi invernali, molto buio. Per questo motivo, si è creata un’intera cultura legata al livello di accoglienza dei locali, siano essi pubblici o casalinghi. Viste le condizioni metereologiche di questa regione, è molto comune per i danesi trascorrere tanto tempo in casa o in luoghi chiusi, piuttosto che andare in giro. Questi luoghi vengono resi più accoglienti e rilassanti dalla presenza di candele e luci soffuse, che rappresentano appieno il concetto di hygge. Hygge è anche sorseggiare una bevanda calda stando sul divano, mangiare dolci o cenare con amici, sempre in ambienti caldi e piacevoli.

Proverò ora a parlarvi un po' delle persone e delle relazioni sociali qui in Danimarca, ma ovviamente non voglio fare generalizzazioni. Parlerò di tendenze, più che altro.

Tendenzialmente, ho notato che i danesi sono riservati in superficie, ma tra amici sanno essere molto affettuosi. Osservando ragazzi e ragazze a scuola ho notato un atteggiamento molto ravvicinato anche in termini fisici, per cui abbracci, carezze o morsi, per scherzare, sono comuni anche tra un ragazzo e una ragazza che non costituiscono una coppia.

Un fattore degno di nota è anche la cordialità delle persone. Una volta ho preso un treno con uno studente della scuola e i suoi genitori, andavamo nella stessa direzione. Abbiamo iniziato a chiacchierare in stazione, ma una volta sul treno ci siamo divisi. Prima di scendere, sono venuti tutti da me, solo per salutarmi e augurarmi buon proseguimento del mio viaggio. Al di là della riservatezza, si trovano persone molto gentili. 

Questa caratteristica entra un po’ in contrasto con un’altra loro peculiarità: lo spirito d’indipendenza. Si tratta di un'attitudine che si percepisce nelle piccole cose di ogni giorno. Se si è seduti a tavola con più persone e qualcuno si alza e se ne va, è perfettamente normale che questa persona non saluti né dica perché si alza. Non deve renderne conto a nessuno. 

Allo stesso modo, è molto più normale lasciare l’iniziativa a qualcuno piuttosto che dirgli cosa fare. Nel mio caso, ad esempio, nessuno mi ha “imposto” dei compiti da svolgere o delle classi in cui lavorare, ma mi è stato detto che avrei potuto scegliere. Tantomeno mi hanno detto cosa avrei dovuto fare una volta a lezione per aiutare i ragazzi o per insegnare italiano. Sta a me decidere cosa fare e come farlo. E fidatevi, non è per niente facile. Non c’è un vero schema da seguire, ma molto spazio alla libera iniziativa. Penso sia qualcosa che da noi manca.

Riservatezza, cordialità, indipendenza. A queste tre caratteristiche della "personalità danese" ne aggiungerei una quarta: il senso di uguaglianza. I danesi credono molto nella democrazia e nell'uguaglianza tra gli individui. La gerarchia sociale non è tanto marcata come in altri paesi, così come il rapporto uomo-donna vede, tendenzialmente, meno discriminazioni. Un esempio è il diritto alla paternità, che, oltre a permettere ai padri di stare a casa per un periodo di tempo con i propri figli appena nati, favorisce la posizione delle donne nel mercato del lavoro, non più "discriminate" per il fatto di poter diventare madri e quindi dover andare in maternità. Un altro esempio lo si ritrova in ambito religioso: la Danimarca è un paese protestante, dove anche le donne possono tenere la messa.

Nella scuola in cui lavoro, l'uguaglianza si percepisce chiaramente anche tra i membri del personale. Il preside e il vicepreside devono anche insegnare, come i docenti. Uno degli addetti alla manutenzione è anche allenatore di calcio. Le cuoche e la segretaria, insieme agli assistenti scolastici, siedono a tavola con i professori e il preside tutti i giorni alle 10:20, quando c'è una speciale colazione per tutto il personale in cui si chiacchiera o si discute di questioni che riguardano la scuola e gli studenti. Anche noi volontari, ovviamente, siamo invitati. 

Già che parliamo di cibo, mi viene in mente un'ultima differenza, legata all'orario dei pasti. In Danimarca la cena si consuma intorno alle 18:00, quando noi italiani usciamo dal lavoro, finiamo le lezioni in università e, magari, andiamo a fare un aperitivo con gli amici. Passare dall'aperitivo - o dal mio tè caldo delle 17:30 - ad una cena vera è propria non è stato facile all'inizio, ma giuro che ci si abitua.

Però lo ammetto, l'aperitivo mi manca da morire.



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