B.


"Se non avessero iniziato questa guerra adesso sarei ancora nel mio paese e sarei felice."


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Una frase detta con la stessa semplicità di quando ci lamentiamo perché il treno è in ritardo e se fosse stato in orario avremmo evitato tutta quella pioggia. Una frase pronunciata da una ragazza di diciassette anni dallo sguardo fermo, disilluso.

B. è di origine siriana, per metà è anche russa. Si è trasferita con la famiglia in Giordania quando aveva 11 anni circa, poi dopo due anni nel nord Europa. Nel frattempo, il padre è morto e lei ha vissuto sola coi fratelli per un anno. Adesso vive con loro e la mamma.

Ci siamo viste due volte da quando è iniziato l'anno, oggi è stata la terza. Ci siamo ritrovate per caso sul treno, entrambe di ritorno da un weekend fuori porta. Poco prima di scendere la riconosco, la saluto e iniziamo a chiacchierare. La conversazione, però, si sviluppa in maniera inaspettata.

"Sono stata ad Adelma, molto bella!" - le dico per parlare del più e del meno - "ci sei mai stata?" - "Ci vivo" - risponde - "ma non mi piace molto" - e poi aggiunge - "non sono felice qui."

Rimango un po' sbigottita, le chiedo perché. Mi risponde che le persone sono diverse, noiose, che alle 17 chiude tutto e non c'è niente da fare. Si sfoga un po’ con me e poi mi dice: "semplicemente mi manca il mio paese, la mia famiglia, parlare la mia lingua. Se potessi tornare in medio oriente anche solo per due mesi poi starei meglio". Mi dice che non torna da 5 anni.

Scese dal treno, camminiamo verso la nostra comune destinazione e lei continua a sfogare la sua frustrazione, a raccontarmi la sua storia. Non può tornare in Siria per via della guerra e la Giordania non è un paese in cui è facile vivere. Le servirebbe un visto, ma oltre a questo "le persone sono diventate razziste... e se vogliono insultarti ti dicono <<tua madre è siriana.>>"

B. è insoddisfatta, le sembra di sprecare tempo, qui. 
È una brava studentessa, ha buoni voti, ma mi racconta infastidita che se fosse a casa inizierebbe l'università e invece qui è ancora a scuola. In questi tre anni ha imparato una nuova lingua quasi alla perfezione e ha anche fatto da traduttrice quando ce n'è stato bisogno. Ha iniziato a vivere in un paese completamente diverso dal suo senza volerlo, ricominciando tutto, tutto da capo.

Le dico che secondo me non si tratta di tempo sprecato, che ha imparato molto e che le sarà sicuramente tutto molto utile un giorno, se non già ora. Cerco di incoraggiarla dicendole che tutto quello che ha imparato è prezioso e che a livello personale è sicuramente cresciuta moltissimo ed è diventata una persona forte. "Sì, sono cresciuta molto, anche troppo. Ho dovuto imparare quando vivevo da sola coi miei fratelli, è stato l'anno più difficile per me. A volte a scuola chi parla con me ha la sensazione che io abbia 28 anni anziché 17. Sono cresciuta più di quanto una ragazza dovrebbe."

Ha ragione. B. è cresciuta più di me e ha 6 anni di meno. È cresciuta quando io mi preoccupavo dei voti, degli amori e delle amicizie; mentre lei scappava dalla guerra, perdeva un padre e si allontanava da casa.

Il suo sogno sarebbe iscriversi all'università, ma nel suo paese. "Anche in Siria l'educazione e la sanità sono gratuite. Non ho ancora capito perché hanno cominciato la guerra."

Ci sono infinite cose che non capiremo mai. L'umanità celata dietro a ogni singolo individuo, però, non dovrebbe essere tra queste.

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