Un mese a Heidelberg: Kapitel 1 (Primo capitolo)

La mia prima settimana è passata in fretta, in un batter d'occhio. "In un batter d'occhio" è un'espressione che in lingua tedesca viene sintetizzata in una sola parola, "Augenblick" che significa "momento". Diretto ed efficace. La capacità di sintesi di questa lingua e i significati "visivi" di certe parole sono tra i motivi per cui, studiandola, mi ci sono affezionata. Non smette mai di stupirmi. 

La lingua tedesca, quale strana entità: difficile ma logica, dura, dolce e poetica allo stesso tempo. Non la si può apprezzare finché non la si comprende, e penso che questa sia una caratteristica di tutto ciò che al mondo non è banale. 


Il tedesco è una lingua difficile, almeno quando bisogna muovere i primi passi nel mondo della sua grammatica, ma è sorprendente come ciononostante possa diventare "lingua franca". Qui a Heidelberg sono circondata da studenti provenienti da ogni parte del mondo, e tra di noi parliamo tedesco. Un quadretto strano: un'italiana, una serba, un sud-coreano, un'ungherese, un indiano, due polacchi, due americani, tre cinesi, 4 greci, una kirghiza, un'uzbeka (e potrei andare avanti...) tutti che tra di loro comunicano in tedesco anziché in inglese, non suona un po' assurdo? La cosa bella è che, invece, è la cosa più spontanea del mondo!



"Uno strano quadretto"


Sempre a proposito di lingue, questa settimana alcune delle frasi più comuni (e belle) che mi sono sentita dire - oltre a "Bis morgen gebe ich euch keine Hausaufgabe", "Per domani non vi do compiti" - sono state: "L'italiano è una lingua bellissima! vorrei tanto impararla!" e "Ho studiato un po' di italiano, vorrei studiarlo ancora!", puntualmente seguite da qualche tentativo di esprimersi nella nostra lingua, il più delle volte ben riusciti! L'unico problema è spiegare a tutti la differenza tra signorina  e signorita (inventato dall'unione di italiano e spagnolo), ma a parte questo sono tutti molto bravi...


Da quando mi sono allontanata da casa la prima volta, sono molto più sensibile alla tematica "reputazione degli italiani e dell'Italia all'estero", così come ho scoperto di essere molto più affezionata alla mia nazione di quanto non pensassi. Quando si fanno studi linguistici e culturali il tema della patria è un argomento ricorrente, soprattutto oggi che mobilità, globalizzazione e migrazioni rimescolano le carte in tavola e mettono in discussione concetti come "identità", "nazionalità" e "appartenenza". 


Concordo con chi sostiene che non ti rendi conto di avere una patria finché non la lasci e la osservi da lontano. Solo tramite la distanza puoi contemplarla nella sua interezza. Cosa c'è oltre alla corruzione, all'egoismo, all'ignoranza, alle mete marittime e agli stereotipi sugli italiani? cosa c'è oltre alla cultura, all'arte, ai paesaggi? C'è un intero modo di vivere, di pensare, una storia che non tutti conoscono. Una varietà di lingue, colori e sapori, tutti nella stessa penisola. 


Ogni volta che sono all'estero scopro quanto mi diverta ed emozioni raccontare della nostra terra, delle nostre usanze, del nostro cibo e della nostra storia. E mi stupisco di tutto ciò, perché di certo non sono un'italiana esperta di folklore: non parlo il "mio" dialetto, conosco lacunosamente la geografia italiana e non conosco musiche o canti popolari. Non sono nemmeno mai stata al sud! (sì, devo rimediare). Ma quello che so, amo condividere, così da alimentare l'interesse nei confronti di tutto ciò che è italiano. 



Cappuccio e brioche all'italiana da "Peppino", Heidelberg


La mia prima settimana si conclude con tanti pensieri rivolti alla lingua e all'identità. Realizzo, inoltre, di vivere in una specie di "bolla" all'interno della realtà: vivo ogni giorno il corso estivo per studenti internazionali, allora mi chiedo: "Quanto cambia la vita al di fuori di queste pareti trasparenti di sapone?"

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