Un mese a Heidelberg: Kapitel 3 (terzo capitolo)

Andare all'estero per più di una semplice vacanzina da 1-2 settimane è importante, per diversi motivi. 

Il primo è l'ormai famosissimo (mi risulta) concetto dell' "uscire dalla propria zona di comfort". Cosa vuol dire? In parole povere: fare le cose in maniera diversa da come le hai sempre fatte, lasciandoti le abitudini e quello che sai fare alle spalle. 

Ebbene sì: quando viaggiamo per un soggiorno di studio o lavoro all'estero inevitabilmente ci ritroviamo lì, soli, a dover capire come muoverci, cosa fare, come vivere nel nostro nuovo contesto. Improvvisamente ricominciamo da zero: nessuna identità, nessuna reputazione, nessuna aspettativa. Tutto è possibile. Quale momento migliore per migliorarsi? 



In questo contesto la lingua, in particolare, contribuisce enormemente all'allontanamento dalla nostra zona di comfort. Proprio per questo motivo molte persone, quando si ritrovano "a lungo" all'estero, preferiscono circondarsi di connazionali, creando una piccola comunità all'interno della quale continuare a parlare la propria lingua e vivere come sempre, senza in realtà mai mettersi alla prova.

Lo trovo un immenso peccato, soprattutto perché il viaggio è un'esperienza che non può essere soltanto fisica, ma deve essere anche mentale. Se viaggi, ma ti circondi di persone come te, allora forse ti sposti con il corpo, ma resti a casa con la mente - come ho letto un giorno da qualche parte.

Da italiana, per la mia esperienza personale, penso che molti dei miei connazionali abbiano un vero e proprio problema con le lingue straniere: la paura di sembrare stupidi. Già nella scuola dell'obbligo le lezioni di inglese sono un dramma: in pochi hanno il coraggio - o anche solo la voglia - di provare a esprimersi o fare domande in un'altra lingua. Ma perché poi? 

Forse dipende dal nostro sistema educativo, troppo concentrato sulla lezione frontale anziché sul dialogo; forse dipende da una nostra caratteristica innata. Forse dipende dalla nostra tendenza ad ambire alla perfezione e demonizzare l'errore in ogni sua forma. Ma non bisogna mai dimenticare due grandi verità: 
1) dagli errori si impara;
2) i progressi sono importanti quanto gli errori, se non di più.



Uscire dalla nostra zona di comfort è importante sia perché ci rende più forti e preparati ad affrontare gli imprevisti, sia perché può farci scoprire nuovi lati di noi stessi. Inoltre, quando sì tratta di rapporti umani, niente riempie il cuore come conoscere le particolarità che ci rendono diversi gli uni dagli altri, ma al contempo simili. 

Prendi 15 studenti da diverse nazioni e organizza una cena in cui ognuno prepara qualcosa da mangiare: non solo gusterai sapori nuovi - o sorprendentemente simili ai tuoi - ma scoprirai anche che la nonna rimane comunque, dovunque, la migliore cuoca che c'è, quella che ti dirà sempre che mangi troppo poco: in Italia, in Grecia, in Serbia, in Romania o in Ungheria...


Non siamo mai stati così uguali.


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